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CRITICHE

BARBERO

<< (…) Figlia forse inconsapevole ed ingenua di una cultura che si può definire neoilluministica, anche la pittura di Gianni Mana, che sembra conoscere come unica possibilità di spazio quella del paesaggio, muove costantemente alla ricerca delle realtà naturali; ma più che ad una scoperta nella sua ricerca Mana tende ad una verifica: alla verifica delle proprie emozioni. E la veduta che voleva essere documentaria diventa veduta “poetica”, e le emozioni si compongono in ritmo, riconducendosi a poche reazioni affettive: a quella che si produce a contatto con un ambiente ora sofferto come campo della fatica umana, da cui i viola che marcano taluni vigneti delle Langhe, ora vissuto come solitudine dell’anima, da cui i viola insistenti dei boschi e dei campanili che si ergono verso un cielo senza speranza (…) La sua pittura poggia, a ben considerarla, su una contraddizione essenziale; nata da un bisogno di scoprire l’ambiente naturale come ambiente della vita, essa fissa l'ambiente in un rapporto di solitudine che della vita è quasi solamente memoria. Ma la memoria è carica di tanta nostalgia, e la pennellata corre sicura, incurante del particolare, perché sorretta da una forte commozione (…) >>.

Professore (Giorgio Barbero)

 

CARLA BERTONE

Da "La stanza dell'arte" a cura di Carla Bertone
 

Costanza e tenacia nel raggiungere i traguardi, una forte personalità che non lo lascia sconfinare nei percorsi altrui per seguire con convinzione la propria strada, sono le caratteristiche che hanno reso vincente Gianbattista Mana in due diverse sfere d’impegno.
Importanti sono stati i traguardi tagliati nella carriera da ciclista: a 17 anni nelle file del V.C. Chiesa di Bra, per poi passare dalla G.S. Lancia alla prima Categoria con la Isaa Società Sicurtà di Savigliano.
Il ’60 lo vede tra i professionisti della Pasta Gazzola di Mondovì nelle cui file ha corso la Milano San Remo- Milano Torino fino alla Sicilia ecc.
Dopo tanta strada macinata quando Gianbattista (conosciuto ai più come Gianni) appende, per motivi di salute, la bici al chiodo, la sua forza di volontà si dirige in tutt’altra direzione: la pittura.
Nel ’70 entra a far parte ufficialmente della scuderia dei pittori cuneesi, quale esponente della tradizione paesistica piemontese, ma già dal lontano ’56 nelle pause d’allenamento a 22 anni abbozza le sue prime opere.
Da allora non ha mai smesso di dipingere attratto dalle vedute paesistiche delle Langhe o dei declivi alpini, dalle marine della Normandia, da scene di vita quotidiana della sua Fossano o da altri paesini vicini con scorci di vie o mercatini.
Nei sui quadri realtà ed emozione si conciliano: egli si lascia rapire dall’impatto emozionale esercitato dal luogo per arrivare a rendere l’interiorità del soggetto.
Il tutto è tradotto con una pennellata precisa ed allo stesso tempo istintiva, i cui tocchi sapientemente accostati, rivelano i tanti anni di mestiere.
I toni non sono sqillanti, l’opera si compone con pacata omogeneità coloristica che non cede alla ripetitività: i verdi dello sfondo non compaiono ma in primo piano ed i cieli si colorano di innumerevoli varianti di blu, gialli, grigi ed azzurri.
Ogni traccia sulla tela racchiude in se sfumature diverse. Anche l’impaginazione dell’opera è frutto di uno studio attento che dosa scorci e piani prospettici per regalare profondità e tridimensionalità al soggetto.
La nota curiosa e tenera al tempo stesso è che il legame fra due attività così diverse, come il dipingere ed il correre in bicicletta, abbia trovato un connubio nel tempo: Gianni Mana ha voluto far dono delle sue opere a grandi campioni del ciclismo quali Moser, Argentin, Fondriest, Bugno e ai vincitori del Giro d’Italia Vicentini, Gotti, Maria Canis, Chiappucci, Pantani ed alla trionfatrice alle Olimpiadi Paola Pezzo.
Questo la dice lunga sulla coerenza e sulla bontà d’animo di questo riuscitissimo impressionista nostrano.

RENO MASOERO

Questo artista è giunto alla pittura per vie inconsuete poiché per dedicarsi ai colori e ai pennelli lasciò la carriera di corridore ciclista (era professionista nella << Gazzola >> di Mondovì). Gianni Mana prima di diventar pittore aveva ottenuto successi brillantissimi in corse in Italia e all’estero. A spingerlo sulla strada dell’arte fu l’esempio che gli veniva dalla famiglia nella quale oltre che lo sport si é coltivata anche la pittura, e pittori sono il padre e un fratello di Gianni.
Gianni Mana ha dunque cominciato a dipingere verso il 1966 e i suoi quadri interessarono subito i critici che trovarono un cromatismo accesso ed istintivo, molta sincerità e la capacità di suscitare nell’animo dell’osservatore attimi fuggevoli di intensa poesia.
Nella Vecchia strada, eseguita con inchiostro di china su cartone e che qui vien data, con mezzi infine semplici il pittore è riuscito a dare pienamente l’atmosfera e l’ambiente tuttavia romantico di certe città piemontesi. C’è nella visione una malinconia filtrata, qualcosa che pur avendo una precisione deamicisiana si avvicina a Guido Gozzano.

Giudizio critico: <<… a Gianni Mana è accaduto di essere colpito da luci ed ombre particolari ed è stato travolto da mille sentimenti sconosciuti. Non vi sarà bisogno, ha poi aggiunto, di cercare altri motivi nelle tele dell’artista, di richiamarsi ai sui cieli che accendono e nuvole e case e mare, o paiono avvincere alberi solitari in un’eterea danza, né ricordare il trasparente umidore dei paesaggi per dire che in questo pittore vi sono quella sensibilità e quel romanticismo che, lo si voglia o no, devono essere alla base di ogni buona forma d’arte>>.

Reno Masoero

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